La corda fissata sullo zaino pende troppo da un lato e
rischia di farmi inciampare. Ci mancava pure questa! Già perché siamo su un
terrazzino sospeso a mille metri da terra…la tengo con una mano…non posso
fermarmi!, “Corri Patrizia! Corri!”
Fino a due giorni fa era solo una voce; tre giorni fa solo un messaggio su un forum internet dedicato alla montagna. Ieri Patrizia è stata una compagna di cordata, oggi è un’amica.
“Facciamo lo spigolo Nord del Badile, dai!”, mi dice per
telefono, anzi, quasi me lo grida. Pensavo che per conoscersi tra compagni di
cordata fossero necessarie tante uscite; prima in falesia e poi su itinerari man
mano più impegnativi in montagna. Lei, invece senza nemmeno avermi mai visto e
conosciuto di persona mi propone una “scalatina” di 1200 m in alta montagna, “ma
ci sono anche molti miei amici!” dice; “Ah beh, allora…no, non è possibile;
devo aver capito male!” penso io… ma quella voce insiste garbatamente nella sua
intenzione. “Ci devo pensare” le rispondo. In fondo non ho mai fatto una salita
su roccia così lunga, anche se le difficoltà dello spigolo in questione sono
decisamente basse rispetto alle mie capacità. Eppure quella voce ha qualcosa …
qualcosa che … non lo so, non lo so definire ma so, da subito, che accetterò.
La parte razionale di me mi impone di avere più informazioni: chiedo ad un
amico che conosce il gruppo con cui affronterò l’ascensione “E’ un tipo un po’
strano” mi riferisce.”Strano in che senso?” ribatto “Strano … boh”,
“Fantastico! Proprio quello che cercavo: una compagna di cordata strana”. Nel
frattempo la voce di Patrizia torna alla carica; “ok ci sto. Mi sa che sei più
fuori di me” le scrivo via sms; risposta: “Evviva la follia che celebra la
gioia di vivere!”…mi piace!...ma subito dopo: “Pazzo!” mi sussurra sarcastico
il mio io razionale; “taci” gli rispondo.
In
fondo, mi considero una persona normale…ok, con alcune passioni un po’
pericolose, ma non certo un “fuori di testa”; può pensare così chi non mi
conosce veramente.
Decidiamo
di trovarci in una falesia vicino a casa sua, per conoscerci e per partire poi
alla volta del rifugio Sasc Furà, base d'appoggio per il versante svizzero del
Badile. Accade tutto troppo velocemente: arrivo in ritardo all’appuntamento,
arrampichiamo un po’, parliamo della salita; lei vuole andare a comando
alternato. “Non sono mai andato a comando alternato con una donna; ho sempre
fatto io la balia-capocordata” rifletto, “questa è proprio matta!”.”Va bene” le
rispondo. “No, ma allora il matto sei tu!” conclude pacatamente il mio io
razionale. Sento di potermi fidare. In base a cosa? Non lo so …andiamo bene!
Bravo Alberto!
Dopo aver pranzato ed aver parlato di tutto, ( ad eccezione
della salitina di 1200 metri che avremmo dovuto affrontare il giorno dopo;
ormai è tutto chiaro!?) partiamo. Lasceremo la mia auto in Val Masino e con la
sua raggiungeremo la Val Bondasca. In viaggio verso la Svizzera veniamo a
sapere che due componenti della “spedizione” sono fermi in panne. Dietro front
e andiamo a prenderli presso l’officina che li ha recuperati. Proseguiamo in
quattro. Loredana e Davide sono simpatici, lei sembra un tipo molto indipendente
e deciso, lui un tranquillo. Davide non ha mai fatto una via così lunga,
Loredana invece ha già salito lo scorso anno lo spigolo con un compagno più
esperto; questa volta sarà lei il capocordata. Serenamente osservo l’imponenza
di questa gigantesca scala di granito protesa verso il cielo; domani saliremo
là in alto. Arrivati al rifugio è quasi buio; Patrizia mi presenta altri membri
del gruppo; siamo in tanti, troppi per i miei gusti; io che storco il naso se
ho solo una cordata davanti a me. “Tant’è; hai voluto la bicicletta?...” mi
dico.
Ore 3.45: sveglia, colazione, pronti … via!. La carovana
“Spigolo Nord” si mette in moto e si snoda verso la montagna, luccicante delle
pile frontali.
Ore 6: attacco, nel senso che tutti insieme “attacchiamo”
letteralmente la via. Le corde si sovrappongono, si ingarbugliano … una vera
bolgia. “Lo sapevo… manteniamo la calma… cosa si può fare? Lasciamo passare
qualche cordata, sorpassare non ha senso perché troppa gente è ormai sopra di
noi.”. Perdiamo forse mezz’ora, quella mezz’ora che poi ci sarebbe stata molto
utile… Riprendiamo ad arrampicare; cerco di essere più veloce possibile.
Patrizia mi segue rapida e sicura, ci intendiamo al volo e ad ogni tiro ci
scambiamo il comando della cordata; sono così tranquillo che alla sua proposta
di concatenare due tiri facendo gli ultimi metri in conserva, muovendoci
contemporaneamente, non batto ciglio. “Avevo ragione allora!” mi dico.
“Illuso…” replica l’altro “io”. Loredana e Davide ci seguono a distanza di un
tiro.
Ore 9: siamo a poco più di un terzo dello spigolo, il tempo
sta peggiorando. Ma non doveva essere stabile? Pioviggina, parto per uno dei
tiri più “difficili”, un traverso protetto a spit (!!!) che regolarmente evito
mettendo i miei friend nelle comodissime fessure poco lontane. Arrivato in
sosta piove in maniera decisa, indosso la giacca impermeabile. Patrizia mi
raggiunge dopo qualche minuto con la faccia scura. “Ho fatto un piccolo volo
sul traverso e ho picchiato un ginocchio ma non è nulla di grave”. Piove ancora
più forte, la roccia è bagnata e siamo ancora lontani dalla cima. Comincio a
pensare all’inevitabile ritirata. Poi, quando anche Loredana arriva in sosta, smette,
si alza il vento e lo spigolo magicamente si asciuga.
Ok, si prosegue. Ricompare il sole che si era appena
intravisto qualche ora prima. Dopo le famose placche fessurate ed una lunghezza
di corda molto esposta sul baratro della parete Ovest arriviamo sulla cresta
sommitale; la cima sembra ormai vicina ma … tuoni in lontananza … no, non
adesso! Anche il più inesperto alpinista sa che è salutare tenersi alla larga
dalle creste durante i temporali! E invece … noi siamo nel classico posto
sbagliato al momento sbagliato. Quando ormai mancano forse 50 metri alla cima e
qualcuno di più al bivacco, l’ira dei piani superiori si scarica letteralmente
su di noi che dopo l’ultimo passaggio delicato ci sleghiamo per procedere più
velocemente. Grandina … ci troviamo su un terrazzino in salita che si affaccia
sui mille metri di vuoto della parete Nord- Est … non ci tengo a farmela in
discesa! Patrizia sta arrivando, mi supera, sistemo la corda sullo zaino, le
grido di correre, una scarica mi colpisce al braccio destro appoggiato alla
roccia.
Ora capisco cosa vuol dire sentirsi arrivati al capolinea;
la prossima scarica sarà l’ultima! Mi metto a correre nel senso letterale della
parola; la corda fissata sullo zaino pende troppo da un lato e rischia di farmi
inciampare. Ci mancava pure questa! Però! Le scarpette tengono bene anche sulla
roccia bagnata. Che bello! Penso ironicamente. Non voglio morire! Non ora!
Voglio vedere mia figlia nascere! Perché sono qui?
Mi colpisce un’altra scarica … sorpreso per essere ancora in
piedi continuo a correre. Tutti dicono che bisognerebbe accovacciarsi sulla
corda per isolarsi meglio ma qui dove diavolo mi fermo? Sono su una cresta
piena di massi affilati pronti a trasformarsi in parafulmini!
Siamo avvolti da un silenzio spettrale, accompagnato dal
ronzio assordante e sinistro dell’aria carica di elettricità; Patrizia è pochi
metri davanti a me … finalmente la cima con una piramide metallica… fantastico!
un perfetto attira-fulmini! … corro ma in realtà aspetto l’ineluttabile ultima
scarica che mi porterà via … no! Non è possibile! Non ora! Ma quanto manca al
bivacco?
Il mio corpo si muove da solo, senza bisogno di un
controllo; la mente è già altrove, quasi rassegnata ma lui no, cerca una via di
uscita, vuole vivere! Scendiamo un po’, rischio di inciampare, no! non posso
fermarmi!
Finalmente il tetto giallo del bivacco, sì, sì , sìììì!! Sono
vivo! siamo ancora vivi!
Patrizia è arrivata qualche secondo prima di me. Il
temporale è ormai lontano; ci guardiamo increduli:
siamo nati per la seconda volta.
Il racconto è stato letto da Matteo Caccia durante una puntata della sua trasmissione "Voi siete qui" in onda su Radio24 nel novembre 2011. Qui la registrazione
Loredana durante la discesa sul versante Sud
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